(Cristianesimo cattolico)* 14 – I cristiani deboli

Dice il Signore: «Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme» (Ez 34, 4).

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I sette vizi capitali

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Parla ai cattivi pastori, ai falsi pastori, ai pastori che cercano i loro interessi, non quelli di Gesù Cristo, che sono molto solleciti dei proventi del loro ufficio, ma che non hanno affatto cura del gregge, e non rinfrancano chi è malato.

Poiché si parla di malati e di infermi, anche se sembra trattarsi della stessa cosa, una differenza si potrebbe ammettere.

Infatti, a considerare bene le parole in se stesse, malato è propriamente chi è già tocco dal male, mentre infermo è colui che non è fermo e quindi solo debole.

Per chi è debole bisogna temere che la tentazione lo assalga e lo abbatta.

Il malato invece è già affetto da qualche passione, e questa gli impedisce di entrare nella via di Dio, di sottomettersi al giogo di Cristo.

Alcuni uomini, che vogliono vivere bene e hanno fatto già il proposito di vivere virtuosamente, hanno minore capacità di sopportare il male, che disponibilità a fare il bene.

Ora, invece, è proprio della virtù cristiana non solo operare il bene, ma anche saper sopportare i mali.

Coloro, dunque, che sembrano fervorosi nel fare il bene, ma non vogliono o non sanno sopportare le sofferenze che incalzano, sono infermi ossia deboli.

Ma chi ama il mondo per qualche insana voglia e si distoglie anche dalle stesse opere buone, è già vinto dal male ed è malato.

La malattia lo rende come privo di forze e incapace di fare qualcosa di buono.

Tale era nell’anima quel paralitico che non poté essere introdotto davanti al Signore.

Allora coloro che lo trasportavano scoprirono il tetto e di lì lo calarono giù.

Anche tu devi comportarti come se volessi fare la stessa cosa nel mondo interiore dell’uomo: scoperchiare il suo tetto e deporre davanti al Signore l’anima stessa paralitica, fiaccata in tutte le membra ed incapace di fare opere buone, oppressa dai suoi peccati e sofferente per la malattia della sua cupidigia.

Il medico c’è, è nascosto e sta dentro il cuore.

Questo è il vero senso occulto della Scrittura da spiegare.

Se dunque ti trovi davanti a un malato rattrappito nelle membra e colpito da paralisi interiore, per farlo giungere al medico, apri il tetto e fa’ calar giù il paralitico, cioè fallo entrare in se stesso e svelagli ciò che sta nascosto nelle pieghe del suo cuore.

Mostragli il suo male e il medico che deve curarlo.

A chi trascura di fare ciò, avete udito quale rimprovero viene rivolto?

Questo:

«Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite» (Ez 34, 4).

Il ferito di cui si parla qui è, come abbiamo già detto, colui che si trova come terrorizzato dalle tentazioni.

La medicina da offrire in tal caso è contenuta in queste consolanti parole:

«Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione ci darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10, 13).

Dal «Discorso sui pastori» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 46, 13; CCL 41, 539-540)
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Lodi – Ora media, terza, sesta e nona – Vespri – Compieta – Liturgie – Preghiere del mattino e della sera –  Santo rosario audio – Litanie – Coroncine – Preghiere varie – Meditazione – Una parola di Dio al momento necessario – Altro …

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Il Signore parla al cuore di ciascuno di noi, ascoltarlo significa valutare bene le situazioni in cui ci troviamo e, se lo desideriamo, viverle nella sua volontà, non dimentichiamo ciò che ci disse nel Vangelo di Giovanni…

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Dal Vangelo di Giovanni 15,5:

Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

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… e non dimentichiamo nemmeno di chiedere il suo aiuto, sempre se lo desideriamo.

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(Le foto eventuali, dei personaggi, sono state prese su Google / Immagini, per cui, anche se le loro azioni sono in sintonia con l’argomento trattato, non necessariamente debbono corrispondere ai personaggi stessi di questo articolo).